Se si dovesse eleggere una regina del mercato, ad oggi, vincerebbe senza grandi dubbi il Barcellona del presidente Laporta. Una squadra stellare quella messa a disposizione di Xavi che, dopo aver salvato il club nella scorsa stagione portandolo in Champions League, ambisce quest’anno a competere per vincere in ogni competizione. Già il mercato di gennaio aveva dato una grande mano ai blaugrana a raggiungere l’obiettivo europeo grazie agli acquisti di Aubameyang, Adama Traore e Ferran Torres, oltre al ritorno dell’esperto Dani Alves. L’estate però sta portando ancora più talento in Catalogna: Rapinha, Kounde e Lewandosky sono approdati al Barça per un totale di circa 150 milioni in compagnia di Kessie e Christensen, che hanno scelto la Spagna dopo la fine dei loro contratti con Milan e Chelsea. Nessuno in Europa ha speso come il Barcellona in questa sessione di mercato e, di conseguenze, sorge spontaneamente una domanda: come può un club che lo scorso anno ha chiuso il bilancio con un passivo record da -500 milioni avere una capacità di spesa così elevata?
La strategia
Per restare a galla, Laporta e i suoi dirigenti stanno adottando un metodo che sta riscontrando non poche critiche. Per risanare le casse del club, si è deciso di non vendere i pezzi migliori, ma di fare esattamente l’opposto. L’obiettivo è quello di avere la squadra più competitiva possibile per cercare di vincere in Spagna e soprattutto in Europa già da quest’anno, visti i ricchi compensi che porta la Champions League. Nel frattempo, un aiuto a finanziare la faraonica campagna acquisti di quest’estate è arrivato da operazioni extra campo come la vendita di diritti di trasmissione televisiva a lungo termine e di una parte dello studio audiovisivo della squadra. Le polemiche verso Laporta riguardo queste vendite non sono di certo mancate: il presidente viene accusato di star mettendo a repentaglio il futuro del club solamente per dimostrarsi potente in questa sessione di calciomercato. C’è chi invece lo difende dicendo che, dopo l’eliminazione ai gironi di Champions dello scorso anno, non avesse altra scelta che agire in fretta per salvaguardare finanziariamente il club.
2022-2023: la stagione della verità
Giusta o sbagliata che sia, la strategia è ormai stata scelta e la strada è tracciata. Oltre al tradizionale peso che una maglia come quella blaugrana fa sentire a chi la indossa, quest’anno i ragazzi di Xavi dovranno convivere anche col fatto che dai loro risultati dipenderà il futuro della squadra. La storia recente del PSG ci insegna che non basta collezionare figurine di grandi campioni per vincere, ma la tradizione dei catalani è un’altra e, ancora una volta, a Barcellona bisognerà dimostrare che questa squadra è “Mès que un club“.